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venerdì 30 novembre 2012

BCE, BANCA CENTRALE EUROPEA

Dal 2002 con l’entrata ufficiale dell’euro come moneta unica di scambio tra i paesi dell’eurozona, si è persa la sovranità monetaria. Infatti l’euro non è letteralmente di nessuno stato. Le banche centrali (BC) sono le uniche che possono stampare o emettere denaro. Le BC emettono denaro solo su ordinazione della BCE che decide le politiche monetarie dei paesi a moneta unica. Lo sanciscono i trattati di Lisbona e quello di Maastricht. L’Art. 107 di Maastricht dichiara: “Nell'esercizio dei poteri e nell'assolvimento dei compiti  e dei doveri loro attribuiti dal presente trattato e dallo Statuto del SEBC, né la BCE né una  Banca centrale nazionale né un membro dei rispettivi organi decisionali possono sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni o dagli organi comunitari, dai Governi degli Stati membri né da qualsiasi altro organismo. Le istituzioni e gli organi comunitari nonché i Governi degli Stati membri si impegnano a rispettare questo principio e a non cercare di influenzare i membri degli organi decisionali della BCE o delle Banche centrali nazionali nell'assolvimento dei loro compiti.”  E l’articolo 105 dello stesso trattato: “1. La BCE ha il diritto esclusivo di autorizzare l'emissione di banconote all'interno della Comunità. La BCE e le Banche centrali nazionali possono emettere banconote. Le banconote emesse dalla BCE e dalle Banche centrali nazionali costituiscono le uniche banconote aventi corso legale nella Comunità.2. Gli Stati membri possono coniare monete metalliche con l'approvazione delle BCE per quanto riguarda il volume del conio.”              
Quindi la BCE ha il compito di decidere la quantità di denaro che viene emessa (la classica politica monetaria), non di emetterne di nuovo. Nella BCE si raccolgono i governatori delle BC (banche centrali) per fare politica monetaria. Saranno poi le  singole BC ad emettere quote di denaro prestabilite, solo dopo il consenso della BCE. Queste quote vengono poi depositate nelle riserve delle banche private commerciali (Unicredit, Intesa San Paolo, eccetera, che hanno tutte una riserva nella BC) con un bassissimo tasso di interesse. Questo significa due cose: le banche ricevono nuova liquidità dalle BC in prestito a bassissimo tasso di interesse; chiunque, anche gli stati, se vogliano avere denaro lo devono chiedere a prestito. E’ questa la ragione della crisi economica europea: per ripagare i debiti che gli stati europei hanno contratto nel tempo, devono applicare manovre di austerità che sono sempre recessive. L’austerità infatti prevede tagli di stipendi e posti di lavoro porta inevitabilmente ad un calo di domanda; il calo dei consumi è deleterio per le imprese che vendono di meno; le imprese più piccole scompaiono e muoiono soffocate dalla concorrenza cinese, dalle troppe tasse e dall’effettivo deficit di domanda. Quando le imprese chiudono aumentano i disoccupati e quindi aumentano le persone che possono permettersi molto poco; questo provoca un ulteriore calo dei consumi e l’economia sprofonda in un circolo vizioso da cui non può uscire se non abbandonando le stesse politiche di austerità. La differenza tra la situazione dei paesi prima dell’introduzione dell’euro e la situazione di oggi degli stessi paesi,  è che prima i paesi potevano decidere di stampare da sé e per sé stessi il denaro, mentre ora devono emettere titoli di stato per prendere a prestito il denaro che necessita loro. Il problema è che questa nuova valuta non è emessa dagli stati membri dell'unione. L'euro è emesso dalla BCE ma non è di nessuno; gli stati lo possono solo usare prendendolo a prestito. Da quanto già detto nell’articolo “deficit di bilancio”, uno stato in a moneta sovrana in deficit è l’unico che possa arricchisce la sua popolazione. Ne segue che la socialdemocrazia è impossibile senza il completo controllo sull’emissione valutaria. Senza la sua moneta una socialdemocrazia muore e lo stato torna quell’entità settecentesca costretta al pareggio di bilancio e alla alta tassazione della popolazione che impoverita non può crescere.
Gli stati dell’UE infatti non hanno una Banca Centrale che possa coprire senza limiti il valore di quei titoli, così ne comprano pochi e gli stati sono costretti ad aumentare il tasso di interesse sempre nella speranza che qualcuno li voglia. Questo è il motivo per cui il Giappone che ha un rapporto debito/Pil del 200% (ciò significa che il debito è il doppio di quello che lo stato produce) e l’America con 14 trilioni di debito di obbligazioni, hanno interessi sui titoli compresi tra l’1% e il 2%. Il fatto che l’America sia stata declassata da un’agenzia di rating (agenzia che valuta la sicurezza dei prodotti finanziari) non significa che l’America sia effettivamente a rischio di insolvenza. L’agenzia in questione infatti, la Standard & Poor' s, dava una tripla A(massima sicurezza) ai mutui sub-prime che le banche davano ai cassaintegrati! La sua credibilità è pari a zero. Le banche conferivano mutui a persone che non avevano le credenziali adatte per ottenerne uno, perciò risultavano ad alto rischio di insolvenza. Nonostante ciò le agenzie di rating davano una tripla A ai mutui sub-prime, prodotti finanziari il cui valore dipendeva direttamente da questi mutui. 
Gli stati possono ottenere nuovo denaro soltanto prendendolo a prestito dalle BC, le quali sono sotto la giurisdizione della BCE. Tuttavia la BCE per statuto, ha l'obiettivo di mantenere la stabilità dei prezzi, e l BCE essendo figlia di economisti neoclassici che condividano i dogmi di Milton Friedman secondo cui una qualsiasi iniezione di liquidità nella società causerà immediata inflazione esponenziale, non immette liquidità nel mercato. Invece questa operazione è essenziale per risollevare economie oppresse da situazione di deflazione (= molti prodotti in circolo, poco denaro per acquistarli). Se uno stato europeo emette titoli di stato lo fa per cercare di racimolare qualche spicciolo da spendere. La BCE però non vuole che si immetta liquidità nel mercato e sa che se comprerà dei titoli di stato otterrà proprio questo effetto. Pertanto la BCE compra pochissimi titoli di stato dei paesi membri, e questi sono così costretti, per continuare a pagare salari e stipendi e pensioni, a chiedere a prestito gli euro necessari ai mercati dei capitali che richiedono però come vediamo ogni giorno tassi da strozzini. I mercati finanziari sono le istituzioni finanziarie, i fondi pensione, le assicurazioni, banche, fondi sovrani stranieri, governi stranieri, i fondi speculativi r persino individui. Che vantaggio ne traggono questi enti? Essi decideranno (a livello aggregato) i tassi d’interesse, a loro vantaggio. Il mercato dei capitali sa perfettamente che i paesi dell’ Eurozona non possono battere moneta da sé, infatti i tassi che quest’ ultimo applica sono assai elevati. Ma se tutto il nuovo denaro che ci serve lo dobbiamo chiedere in prestito con dei tassi di interesse, avremo un debito non solo enorme, ma perennemente crescente. Estinguere il debito dei paesi dell’euro significa: ridare più di tutto il nostro PIL, ovvero di tutta la nostra ricchezza! E pensare che questo debito oltretutto è per oltre 1800 miliardi dovuto esclusivamente a tassi di interesse.
Ma se restituiamo quei famosi 30.000€ pro-capite alle banche ciò causerebbe una recessione del paese spaventosa. Inoltre, anche se riuscissimo a ripagare il debito, per non averne più, lo stato non dovrebbe più chiedere denaro in prestito. Ma se non ne chiede in prestito e non se lo può creare, è costretto al pareggio di bilancio ogni anno, quindi è condannato a non crescere, perché non ha nuovo denaro da investire per lo sviluppo. Solo la BCE può creare il denaro legale in Europa.
Ma i paesi europei se ne adottano del nuovo significa che lo hanno chiesto in prestito. Non c’è soluzione nel sistema monetario europeo: o per svilupparti ti indebiti fino al default, o per ripagare il debito diventi uno stato ottocentesco.
Voi mi direte, va bene la BCE è indipendente dal controllo degli stati ma comunque i suoi governatori sono scelti dagli stati. E' vero ma è vero anche che l'euro resta non di proprietà degli stati, e che gli stati per prenderlo a prestito e per pagare gli interessi (in Italia 80 miliardi l'anno, due volte la spesa per lo stato sociale), applicano le distruttive misure di austerità. In un qualsiasi momento si potrebbe decidere di ridare la sovranità monetaria se non ai singoli stati, almeno all’Unione, ma il punto è che manca la volontà perché l’Unione Europea è stata costruita proprio per questo: essere una potenza nell’export in grado di competere con i mercati asiatici. Il socialismo e tutte le sue propaggini politiche che mettevano in discussione il potere delle elite economiche neomercantiliste in favore del popolo dovevano essere distrutte per sempre. Quando la gente è povera, con poche speranze e aspettative per l’avvenire (le conseguenze delle austerità), è pronta ad offrirsi per poche centinaia di euro al mese al primo che gliene offre. 

LA TEORIA DI FRIEDMAN

Malgrado la crescita record che le economie keynesiane registrarono negli anni ’50‘-’70, una piccola cerchia di professori e studenti eredi dei vecchi economisti liberisti, sviluppò una nuova dottrina anti-keynes per rivalutare il liberismo puro. Il centro di questa corrente di pensiero fu l’Università di Chicago e il grande ideologo fu l’economista di scuola austriaca Friederich von Heyek. Le sue lezioni propugnavano un mondo ideale totalmente regolato dalle leggi economiche, senza interferenze da parte dello stato. Naturalmente questo mondo è inverosimile, poiché il mercato non è in grado di autoregolarsi correttamente, se non ci credete guardate il mercato di oggi, il cosiddetto “libero mercato” , esso è profondamente ingiusto protegge gli intessi dei più ricchi e ignora totalmente le richieste dei meno abbienti. Negli anni ‘50 milioni di persone in Europa e in America potevano curarsi gratuitamente, percepire reddito anche in situazioni di malattia, infortunio, ferie, disoccupazione; accedere a una pensione di anzianità; usufruire di strutture decenti per l’istruzione, l’assistenza all’infanzia; usufruire di efficienti sistemi di trasporto ferroviario, strade nuove e scorrevoli, quartieri finalmente vivibili…. Le economie “aiutate” dai capitali statali, spesso da aziende nazionalizzate (cioè di proprietà dello stato), fornivano servizi essenziali a prezzi irrisori: luce, acqua, gas diventarono comuni nelle abitazioni delle principali cittadine dei paesi industrializzati. Tutti gli indici economici e sociali segnavano progressi più o meno sensibili. La ricchezza complessiva aumentava e questa crescita era condivisa dall’intera popolazione. Nessun altro periodo nella storia dell’umanità ha conosciuto un progresso così forte per un numero così ampio di persone. Ovunque, il grande balzo in avanti da un sistema semi-feudale a una società industriale, è avvenuto con l’impegno dello stato. Certo non erano dei santi i politici di allora ma avevano libertà d’azione e spesso per continuare a governare facevano qualcosa di utile per garantirsi una rielezione. Tutti stavano meglio tranne i grandi capitalisti che vedevano in pericolo il loro ruolo, i loro privilegi, e in un futuro non troppo lontano vedevano le masse impadronirsi definitivamente anche dei mezzi di produzione.
Cosa potevano fare i grandi capitalisti e la finanza? Finanziava ampiamente persone che costruissero un sapere economico di tutto vantaggio per loro, e che fosse accettato ingenuamente dalla popolazione. Il dipartimento di Chicago diventò “Scuola di Chiacago” grazie a un allievo di Heyek particolarmente carismatico e fortemente deciso a scuotere le fondamenta della teoria economica: Milton Friedman. In cosa consiste questa nuova dottrina? Consiste nella riproposizione del liberismo puro, un “nuovo liberismo” dopo quello visto a inizio Ottocento. Un’ideologia costruita intorno ad un fine e ad un mezzo e con una premessa. La premessa è la “visione” di un mondo ideale in cui domanda, l’inflazione, la disoccupazione si regolano alla stregua di forze naturali (cioè, si autoregolano). Il mercato, visto come un ecosistema in grado di autoregolarsi, avrebbe dato vita all’esatto numero di prodotti al prezzo esattamente adeguato, realizzati da lavoratori che percepivano salari perfettamente sufficienti a comprare quei prodotti: un mondo perfetto, di piena occupazione, creatività e, soprattutto, crescita perpetua. Pertanto, oggigiorno secondo il sistema economico neoliberista la povertà non dovrebbe esistere. Eppure, guardate in quali condizioni ci troviamo dopo oltre 30 anni dall’ applicazione del neoliberismo! 44 milioni di americani si nutrono una volta al giorno e ancora l’ 80% delle ricchezze globali è posseduto dal 20% della popolazione mondiale e vice versa l’ 80% della popolazione mondiale dispone del 20% delle ricchezze. Allora questo sistema è errato? Assolutamente no, ci vogliono fare credere che la società in cui viviamo è la migliore tra tutte. È stato studiato nei minimi dettagli affinché si riuscisse ad arrivare esattamente a questa condizione. Tutto ciò esiste poiché una piccola elite economica vuole aumentare le proprie ricchezze in maniera smisurata a discapito degli onesti lavoratori. Questa “visione” rende la dottrina economica più un’ ideologia che un modello scientifico basato su qualche evidenza storica. Una caratteristica importante perché altrimenti non sarebbe comprensibile il fondamentalismo con cui è stata portata avanti da poche centinaia di economisti e tecnocrati, di grande e crescente influenza. Il fine è quello di promuovere a tutti i livelli (diffondere il credo forse si addice meglio) l’assioma per cui se gli individui agiscono secondo i propri egoistici interessi, creano benefici massimi per tutti. Se qualcosa va storto – inflazione sale, la crescita diminuisce – l’unica spiegazione è che il mercato non è abbastanza libero. La soluzione, ovvero i mezzi per creare la società perfetta, è un’applicazione più rigida e più completa delle norme fondamentali. Al di là delle teorie, la ricetta di Friedman è indicata nel suo Capitalismo e libertà e rappresenta la mappa di riferimento per le politiche che hanno dominato il mondo dagli anni ’80 a oggi.
1)   Deregulation.
Riprendendo la teoria sull'abolizione dei dazi doganali, e più in generale delle tasse protezionistiche, viene auspicato l’annullamento di tutte quelle regole e norme che limitano l’accumulazione del profitto. Si favorisce quindi l’ aumento del profitto senza nessuna limitazione.
2)   Privatizzazione.
È la pietra angolare del neoliberismo. Partendo dal dogma della maggiore efficienza dei privati rispetto al pubblico, viene auspicato la sostituzione dei servizi pubblici con servizi privati e privatizzati. Friedman proponeva la privatizzazione della Sanità, delle Poste, della Scuola, delle Pensioni e dei Parchi Nazionali.
3)   Riduzione spese sociali.
Per ripulire l’economia inquinata dall’attività dello stato occorre ridurre drasticamente le spese sociali. Tagliare i fondi per il sistema pensionistico, l’assistenza sanitaria, il salario di disoccupazione eccetera.

Friedman insiste molto sulla riduzione delle tasse; secondo lui devono essere basse e con tassazione fissa indipendente dal reddito. (Questa misura sarebbe servita, in seguito, da cavallo di troia per ottenere consenso politico anche nelle fasce sociali pesantemente danneggiate da tale provvedimento). 
La ricetta, che passerà all’opinione pubblica col nome di neoliberismo, era presentata da Friedman e dai suoi seguaci come una vera e propria “scienza esatta”. Qui sta il clamoroso successo di una pratica economica disastrosa: presentare con l’aurea della “imparzialità scientifica” modelli matematici del tutto privi di coerenza con la realtà, ma di straordinario beneficio per i settori più dinamici della finanza e della imprenditorialità mondiale. Argomentazioni improponibili per manager e politici, apparivano in tutt’altra veste se presentati da un matematico e brillante oratore come Milton Friedman. La possibilità di contrastare le politiche keynesiane con posizioni pseudo-accademiche portò alla Scuola di Chicago, a partire dagli anni Sessanta, donazioni a valanga e grandi opportunità di propaganda (certamente sproporzionati in confronto al numero dei suoi esponenti). Per capire l’aria nuova che circolava nell’ambiente basti ricordare che il premio nobel per l’economia andò nel 1974 a Heyek e nel 1976 a Friedman. 

La parte centrale della teoria neoliberista riguarda la Phillip’s Curve. Friedman sosteneva che la Phillips Curve non fosse del tutto giusta. La Phillips Curve mostra una relazione tra disoccupazione ed inflazione. Se la disoccupazione diminuisce l’inflazione aumenta necessariamente, e viceversa. E non c’è modo per ridurre al contempo disoccupazione ed inflazione. Studi successivi di Milton Friedman e Edmund Phelps volevano dimostrare che solo a breve termine si poteva ridurre la disoccupazione (attraverso l’allargamento della spesa pubblica per creare nuovi posti di lavoro).  A lungo termine però le cose sarebbero cambiate, e si sarebbe raggiunto un tasso naturale di disoccupazione.
Nel grafico la linea blu scuro è la Phillips Curve del presente e l’economia si trova inizialmente nel punto A con un certo tasso di inflazione e di disoccupazione. Per semplicità assumiamo che il tasso di disoccupazione iniziale sia già il tasso di disoccupazione naturale, sotto il quale non si può scegliere. Supponiamo poi che un governo voglia cercare di ridurre il tasso di disoccupazione; per fare ciò aumenta il denaro in circolo, crea nuovi posti di lavoro, e questo genera inevitabilmente (secondo la relazione della curva di Phillips) un aumento del tasso di inflazione che porta l’economia studiata nel punto B1. Questo punto ha ordinata maggiore di quella di A e ascissa minore, perciò nel punto B1 vi è un aumento dell’ inflazione e una diminuzione della disoccupazione. Gli studi successivi sulla Phillips Curve (quelli fatti da Friedman e Phelps) dicono che col tempo l’inflazione, essendo aumentata, avrebbe eroso i salari reali. I lavoratori avrebbero allora richiesto aumenti salariali sino a tornare ad un livello di salari reali uguale a quello iniziale. I nuovi salari superiori avrebbero fatto tornare il tasso di disoccupazione ai livelli iniziali, prima del tentativo di diminuire la disoccupazione. Tuttavia, se la disoccupazione tornava al tasso precedente, l’inflazione non regrediva. Quindi, in termini grafici significa che in A abbiamo un determinato tasso di inflazione ya  e di disoccupazione xa. Se volessimo quindi diminuire il tasso di disoccupazione dovremmo necessariamente aumentare il tasso di inflazione. La situazione appena descritta è individuata dal punto B1 . Tuttavia, come già detto, secondo Friedman e Phelp l’aumento dell’inflazione eroderebbe i salari e perciò il numero dei disoccupati tornerebbe ai livelli iniziali. Questo passaggio, graficamente parlando, equivale allo spostamento della Phillips Curve verso destra (curva in rosso nel grafico). Si ottiene quindi una nuova curva, sulla quale è indicato il punto B, esso non è affatto in una posizione casuale, equivale infatti a B1 traslato, il quale si trova sulla curva  originaria di colore blu. Analizzando le sue coordinate si deduce che B  ha stessa ordinata di B1 e medesima ascissa di A. Ciò significa che nel punto B si ha rispettivamente lo stesso tasso di inflazione di B1 e lo stesso di disoccupazione di A, ed è infatti quello che affermavano i due economisti americani (Friedman e Phelps): se si riduce il tasso di disoccupazione, a causa dell’ inflazione quest’ ultimo tornerà al livello iniziale, mentre l’ inflazione resterà tale. Cioè se la disoccupazione diminuisce dal 5% al 2%, l’ inflazione aumenterà di x, poniamo 3%, e resterà costante. Se ripetessimo questo passaggio otterremo la terza curva con il punto C che descriverebbe la situazione appena trattata. Quindi se uniamo i tre punti A, B e C otteniamo una retta parallela all’ asse Y, ciò significa che per una qualsiasi diminuzione del tasso di disoccupazione, l’ inflazione aumenterebbe facendo nuovamente aumentare il livello di disoccupazione. Tuttavia un rinnovato aumento della disoccupazione non fa calare l’inflazione generata col precedente tentativo di ridurre la disoccupazione.

Friedman sosteneva quindi che il calo della disoccupazione non avrebbe portato ad un semplice aumento dell’inflazione, ma anzi l’inflazione sarebbe cresciuta esponenzialmente diventando incontrollabile e alla fine comunque non si sarebbe neppure riusciti a ridurre il tasso di disoccupazione a lungo termine. Un disastro che sarebbe quindi stato figlio dell’aumento del debito pubblico (è infatti spendendo a deficit che si può ridurre o eliminare la disoccupazione). Friedman e Phelps affermavano che spendere a deficit significava fare aumentare l’inflazione e quindi peggiorare le condizioni della popolazione. Tuttavia ciò è falso, poiché se lo stato spende a deficit in maniera adeguata, finanziando i settori che ne hanno bisogno, oltre all’ aumento di denaro in circolo, crescerebbe anche la quantità di beni prodotti, quindi il rapporto tra denaro e beni economici sarebbe costante, perciò l’ inflazione non ci sarebbe. Se per esempio al tempo t0 il rapporto tra I, inflazione, e beni economici in circolo, BE è uguale a I/BE=k; e al momento t1 lo stato spende a deficit adeguatamente I aumenterebbe, poniamo di x, e BE aumenterebbe, stabiliamo di y, allora il loro rapporto sarebbe costante: I+x/BE+y=k.(esempio, t0 I=2 BE=4 I/BE=2/4=1/2; t1 I aumenta di 2 e BE di 4 allora I+2/BE+4=2+2/4+4=4/8=1/2). Friedman e Phelps erano a conoscenza di tutto ciò, ma lo hanno mascherato spontaneamente di modo che le elite economico-finanziarie facessero i loro interessi. 
Friedman e Phelps volenti o nolenti, hanno costituito vantaggi enormi alle elite economico-finanziarie. Da queste teorie è deriviata la isteria da deficit che vede il deficit appunto il peggiore dei mali dello stato. In realtà l’Italia e tutti i paesi sviluppati sono stati sempre in deficit prima e dopo la teoria e l’inflazione non è mai schizzata alle stelle né il deficit ha mai portato l’iperinflazione (inflazione al tasso del 50% ogni mese). Ma è proprio questa ostilità verso il deficit unita al concetto di completa deregolamentazione dei mercati l’arma con cui la grande industria e la finanza è riuscita ad arricchirsi così tanto dagli anni ’70 fino ad oggi. Queste idee letali sono state diffuse dai maggiori Think Thanks, ne sono stati creati di nuovi, e alla fine si è creato il mainstream. Se la BCE oggi ha per statuto lo scopo di mantenere stabili i prezzi, prima ancora di mantenere una situazione di pieno impiego, è proprio per queste teorie che fondano oggi tutto il pensiero economico dominante.

LA CONFUTAZIONE DELLE TESI DI FRIEDMAN

Gli studi dei due economisti americani, Friedman e Phelp, sono stati smentiti dalla realtà:



Il primo grafico rappresenta l’andamento della disoccupazione in Australia dal 1996; il secondo grafico rappresenta invece il tasso di inflazione australiano sempre dal 1996. Il confronto di questi due grafici è utile ai fine di dimostrare che le ipotisi di Phillips e di Friedman poi sono menzogne. Come si vede molte volte accade che disoccupazione e inflazione diminuiscano contemporaneamente. Questo secondo la curva di Phillips è impossibile, e ancor più impossibile per gli studi di Friedman. Eppure recentemente l’Australia è passata da un tasso di inflazione attorno al 5% del 1996 a uno dell’1% del 2012, mentre il suo tasso di disoccupazione è passato da un circa il 10% al 5%. Ad una diminuzione della disoccupazione segue invece un tasso di inflazione se i nuovi lavoratori assunti non sono occupati in professioni che aumentano il valore dei beni in circolo. Invece se si attuano politiche adeguate (e questo lo si può sempre fare, se non accade è per corruzione, incompetenza o ignoranza degli stessi politici) si può ridurre il tasso di disoccupazione e mantenere costante l’inflazione, se non addirittura ridurlo. Ma il caso australiano non è l’unico. Abbiamo anche quello del Brasile:


Come prima si vede che il tasso di disoccupazione diminuisce dal 12% del 2002 al 6,5% del 2012 mentre quello dell’inflazione dal 18% del 2003 al 5%. In definitiva, perché secondo Friedman l’immissione di nuovo denaro nel sistema economico avrebbe generato solo inflazione? Più denaro in circolo significa un aumento di domanda, poiché aumenterebbero anche i beni prodotti. Keynes ora direbbe che questo aumento di domanda fa aumentare la produttività e quindi l’inflazione rimane molto bassa. Invece Friedman diceva che non si può sempre aumentare la produttività. Ogni paese ha precise caratteristiche, e oltre un certo limite non può produrre. Questo limite è rappresentato dal tasso di disoccupazione cronico di quella popolazione. Le persone non possono essere occupate mantenendo il livello del salario medio costante perché altrimenti si genererebbe un flusso di domanda che le caratteristiche costitutive, innate, di quel sistema economico, impedirebbero di soddisfare. Ma questo è falso: se così fosse sarebbe impossibile la famosa crescita del PIL (che rappresenta proprio l’aumento di beni in circolo prodotti in un determinato paese). Ma sia prima che dopo tutti i paesi sviluppati hanno sempre aumentato la loro produttività. Che ci sia un limite naturale oltre il quale il suolo non può e non deve essere sfruttato è necessariamente vero, le scorte su questo pianeta sono finite, ma sono abbastanza per soddisfare i bisogni di tutti, e questo è calcolato da moltissimi indicatori economici. Ho già detto che all’oggi si produce già tutto il cibo necessario a sfamare tutta la popolazione planetaria, ma i morti di fame continuano ad esistere, a centinaia di milioni. Quindi oggi una piena occupazione mondiale sarebbe possibile; Friedman diceva invece che ogni sistema economico ha un suo limite gia raggiunto, e per questo non si deve cercare di aumentare il tasso di occupazione e sarebbe inutile cercare di aumentare la produzione.  Nasce così questo pensiero unico che persiste tuttora nelle università più prestigiose. Friedman è responsabile di aver teorizzato il tasso di disoccupazione cronico, pertanto di aver inflitto sofferenze inimmaginabili a milioni di persone. Vi rendete conto di che cosa vuol dire? Per forza dovranno esserci uomini condannati alla povertà e miseria. Se “necessariamente” uno su dieci rimane senza lavoro è costretto alla miseria. Ma nessuno vuole morire di fame, così si genera per forza una lotta alla sopravvivenza che porta ogni singolo individuo della società a lottare contro tutti gli altri per non cadere in miseria. E’ come il gioco della sedia che facevamo da bambini. Lo scopo del gioco è sedersi nel momento in cui la musica di un apparecchio si ferma. Tuttavia ogni volta, il numero di sedie è inferiore di uno a quello dei partecipanti, così quando la musica si spegne si sa già che uno sarà eliminato. Cosa succede allora? Vediamo che i bambini corrono verso la sedia più vicina e si urtano, spingono per accaparrarsi un posto. Quello che succede oggi è un modello amplificato dell’esempio citato. L’effetto di un tale sistema porta alla disgregazione sociale, ad esplosioni di improvvisa ed inspiegabile violenza, proprio come i bimbi che si spingono. E’ la morte di qualsiasi democrazia. Si ritorna in uno stato bestiale in cui comanda un’unica legge: mors tua vita mea, cioè allo stato di natura dove vige la legge del più forte. La teoria di Friedman era perfetta per i grandi industriali, per l’elite economico finanziaria che poteva così liberarsi delle proteste della gente comune. Se si dimostra infatti che la piena occupazione porta lo stato allo sfascio, un comune cittadino che non si intende di economia si rassegna e cerca di non rientrare in quella fascia di sfortunati. Ma se ci si rassegna a combattere crollano tutte le conquiste sindacali sul lavoro; muore ogni dialettica (libera discussione tra le opinioni) che è il principio su cui si fonda l’intera democrazia, perché non ci sarebbe nulla da fare, la disoccupazione sarebbe accettata. Il pensiero unico è stato creato come ho già detto, con grandi finanziamenti che pertanto hanno reso innocue le poche università contro tendenza che comunque esistono tuttora. Il vantaggio per le elite economico-finanziarie è notevole anche per un altro aspetto di questa teoria neoliberista. L’attuare politiche in grado di contenere anche il più piccolo rialzo dell’inflazione sono politiche felicissime per chi detiene rendite fondiarie o ha grandi capitali investiti. L’inflazione erode le rendite fondiarie. Anche se sono investiti nelle più disparate imprese economiche, i capitali dei grandi detentori di capitali sono quelli che subiscono le perdite maggiori a causa dell’inflazione. Quindi chi ci rimetteva erano le grandi elite economico-finanziarie, non la popolazione. Per fare i propri interessi, le elite hanno finanziato fior fior di economisti tra cui Friedman per dimostrare che l’ inflazione era un danno assoluto, valido per tutti i cittadini, e che dunque era da combattere. Per screditare il mito che l’inflazione degli anni ’60-’70-‘80 abbia eroso i patrimoni delle famiglie italiane ecco un grafico che mostra l’aumento degli stipendi e dei salari reali di questo periodo (da notare gli anni ’80 quando c’era la tanto contestata scala mobile che prevedeva l’aumento dei salari in proporzione al tasso di inflazione):


Come vedete l’aumento degli stipendi ha anche coinciso con l’aumento dei salari reali dei cittadini (il salario reale al contrario di quello nominale rappresenta la quantità di prodotti che si possono comprare data una cifra x. Il salario nominale rappresenta invece il numero di euro, dollari, ecc.. contenuti in un salario; se prima guadagno 100 euro e posso comprare 100 limoni e poi guadagno 200 euro ma posso comprare sempre 100 limoni, il salario nominale è aumentato di 100, quello reale non è aumentato perché con uno stipendio compri sempre tanti beni quanto prima). L’inflazione ha un po’ abbassato il valore reale dei salari rispetto a quello nominale, tuttavia c’è stato un aumento molto grande dei salari reali, quindi non è vero neppure che l’inflazione ha eroso tutto il salario dei lavoratori di quegli anni. Questo dimostra che anche un eventuale aumento dell’inflazione dovuto a politiche di piena occupazione (che come ripeto possono anche fruttare senza generare inflazione) non significa una diminuzione del potere d’acquisto (Ciò che un individuo è in grado di comprare, in accordo con le risorse di cui dispone) tale da controbilanciare l’aumento del valore nominale di un salario; il salario reale aumenta comunque, nonostante l’inflazione col vantaggio che nella società si è però creata piena occupazione. Capite che a perderci con la scala mobile non erano i lavoratori: essi continuando a lavorare e ricevendo sempre i loro stipendi, non soggetti ad inflazione per l’effetto della scala mobile, non perdevano nulla. Ma coloro che detenevano grandi capitali depositati sui conti correnti, vedevano il loro denaro svalutato e si vedevano costretti a dover lavorare o comunque cercare investimenti anche più rischiosi che potessero rendere un interesse in grado di arginare gli effetti inflattivi. I ricchi improduttivi detestano l’inflazione, e vogliono far credere che questo loro problema riguardi tutti, ma in realtà i principali sconfitti da un tasso di inflazione poco più alto sono loro, non i lavoratori, tanto meno quelli che godevano della scala mobile. Naturalmente l’inflazione è un problema per tutti in caso di iperinflazione, quando cioè ogni mese il tasso di inflazione è del 50%, ma questo è un caso raro che deriva da circostanze storiche circoscritte. I casi finora conosciuto di iperinflazione sono: Weimar (1920-23); Grecia (1942-45); Ucraina (1991); Zimbawe (2008). Lo scandalo sta nel fatto che Friedman ricevette il premio nobel proprio dopo la clamorosa sconfitta sociale della sua ideologia. Infatti in Argentina ad un solo anno dalla sua applicazione i salari avevano perso il 40% del loro valore con la chiusura delle fabbriche il paese cadde in povertà. Le politiche attuate in Cile sotto la dittatura di Pinochet fecero crescere in un anno l’inflazione al 375% e con il 75% del salario ci si poteva comprare solo il pane. In Inghilterra poi furono sperimentate le stesse politiche sotto il governo di Margaret Thatcher  portò nei suoi primi tre anni di gestione al raddoppio della disoccupazione in moltissimi settori dell’economia e i salari di un direttore che nel 1989 erano dieci volte superiore rispetto al dipendente, nel 2007 diventarono cento volte di più. E’ chiaro: politiche neoliberiste portano all’impoverimento degli strati più bassi della popolazione apportando ulteriore ricchezza soltanto a quelli già ricchi. Tutti questi riscontri negativi non sono stati un caso, ma sono stati accuratamente progettati al fine di garantire un maggiore interessi alla classe più benestante della nostra società. Messa a punto la teoria e innescato il circolo virtuoso del finanziamento, occorreva trovare l’occasione adatta per applicare finalmente i modelli matematici alla realtà economica e avviare così la controrivoluzione anti-keynes. La retorica del liberismo utilizzò spesso la propaganda anticomunista, ma il vero nemico era il keynesismo. Gli Stati Uniti non erano ancora usciti dal sistema del New Deal, l’Europa sembrava avviata verso un modello socialdemocratico, mentre buona parte del mondo in via di sviluppo stava abbracciando sistemi regolati dallo stato. Il neoliberismo è nato e si è diffuso per contrastare tutto questo. Esattamente come il marxismo, il neoliberismo appariva un’ ideologia tanto accattivante quanto irrealizzabile (a prezzo, per entrambi, di tragici effetti collaterali); l’utopia degli imprenditori al posto dell’utopia dei lavoratori; il mercato perfetto anziché lo stato proletario; per entrambi felicità universale e soluzione di tutti i problemi. Dato che le crisi economiche non sono ancora scomparse, dato che le disuguaglianze sono ancora vive fortemente nella società è evidente che il sistema neoliberista non funziona (almeno per noi). In Italia nacquero le fondazioni simili a quelle estere attorno alla seconda metà degli anni ’50. Per esempio la CUOA (1957), dalle cui stanze sono usciti nomi come Mario Draghi, Marchionne, la Marcegaglia, Montezemolo, Profumo, Doris. Proprio queste fondazioni sono riuscite ad infiltrare nei luoghi chiave individui indottrinati a questo modello economico. Ci sono ad esempio professori universitari di economia che non seguono la scuola neoliberista, tuttavia questi non hanno avuto e tuttora non hanno i fondi per espandere le loro idee. Poiché uno degli obiettivi di questo “sogno” (di pochi ma fatto di tanti) è la privatizzazione di ogni servizio salta subito alla mente il GATS. Questo accordo dimostra che i membri del WTO vogliono soltanto il loro bene e quello dei loro business: il WTO è un organizzazione che punta a diffondere il neoliberismo, e purtroppo questo processo di impoverimento collettivo e di conseguente perdita dei diritti umani, è già in atto da tempo. Infatti i valori che un tempo tenevano unita la famiglia si stanno disgregando con il risultato che la rete di rapporti al suo interno risulta sempre più difficile. Considerando poi che i posti di lavoro disponibili sono sempre in calo, chi lo ha, lotta per tenerselo stretto e non pensa ad altro. Chi invece ha la sfortuna di non essere riuscito a trovarlo, dedica tutta la giornata ad una ricerca continua. E’ una lotta tra poveri e tra  sconfitti. L’idea di democrazia formale diventa ogni giorno di più un sogno quasi proibito. Purtroppo questo mondo non ci lascia più tempo “da perdere” in “sciocche” relazioni umane, tanto meno sentimentali. Meno coppie si formano, meno figli nascono (pensare alla crescita ”0” della popolazione). Se una relazione non si continua a coltivare, è stato studiato, essa tende a distruggersi nel tempo. Così, ci stiamo trasformando in tante piccole macchine, gelidi nei sentimenti e avidi di consumo. Nel poco tempo libero ci si svaga andando per negozi. Ed è proprio così che ci vogliono: inattivi mentalmente. Meno si pensa meno si ragiona, meno si ragiona meno si capisce, meno si capisce più si è controllati. Ora, un conto è consumare i cosiddetti beni primari per soddisfare le necessità fisiologiche del corpo; un altro è consumare per diletto e lavorare per soddisfare questo piacere. In questa società l’importanza dei valori morali del singolo è stata soppiantata con quello che chiamo il “valore moda”. Le mode sono per molti una prigione. Moltissimi individui, soprattutto tra i giovani, si sentono INSICURI senza certi abbigliamenti che soltanto preventivamente sono stati oggetti di massificazione sociale. Ma il piacere del vestito di moda, del nuovo tipo di cellulare, delle scarpe cosiddette di “tendenza” presto si trasforma in bisogno per portare poi ad una vera e propria schiavitù degli oggetti. Gli esperti del business questo ben sanno. Per riuscire a vendere e a mantenere le menti inattive fanno periodicamente uso del fattore “cambio moda”. Proponendo sempre nuovi capi di vestiario al singolo che, cresciuto nella società-consumo, è spinto a comprare e comprare e comprare ancora. I pochi che si oppongono a ciò vengono derisi ed emarginati, finché, stufi della loro posizione, si adeguano lasciandosi cadere in schiavitù del Dio Denaro e della Dea Moda. Tutto questo per giunta non garantisce all’individuo la sicurezza e l’indipendenza di cui avrebbe bisogno: al solito cambio di moda comincerà tutto da capo. Bisogna educare fin dall’infanzia i nostri figli a considerare l’importanza dei valori morali che ci differenziano da tutte le altre specie animali. Nell’ora riservata ai bambini le reti televisive dovrebbero sospendere le pubblicità e trasmettere programmi adatti ai bambini che sappiano divertire ma anche educare. Messaggi di amore, solidarietà, amicizia, umiltà, partecipazione e perdono dovrebbero caratterizzarli. Fortunatamente, anche se ora non è così, non sta scritto da nessuna parte che così dovrà rimanere.

WTO, WORLD TRADE ORGANIZATION

L’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) è stata fondata nel 1o gennaio 1995 con sede a Ginevra e vi aderiscono 153 paesi che rappresentano il 97% del commercio mondiale dei beni e dei servizi. Tutte le regole che delibera questo organo sono chiamate accordi e hanno un potere sopranazionale. Sarebbe auspicabile che un organo con simili poteri e una capacità decisionale pressoché assoluta dei mercati, sia gestita da uomini eletti democraticamente. Sarebbe opportuno che le sue decisioni fossero rese note continuamente dai maggiori giornali del mondo e sulle prime pagine, così che la popolazione possa monitorare l’operato dei suoi eletti. Invece ogni sua decisione è falsata dallo strapotere dei paesi ricchi. Il codice di funzionamento dell’organizzazione è talmente complesso (2700 pagine di trattati) che soltanto questi paesi che possono permettersi molti manager, riescono a controllare cosa viene deliberato. Chi guida il WTO è il gruppo QUAD, formato da Usa, Giappone, Canada ed Europa. Ma l’Europa intera è rappresentata al tavolo delle trattative del WTO dalla Commissione Europea, che nessun cittadino elegge. La politica italiana di norma firma gli accordi senza neppure leggerli. Sentite mai parlarne? No. Se un Paese si oppone a una regola del WTO può essere processato da un tribunale al suo interno (Dispute Settlement Body), dotato di poteri enormi. Questo tribunale è formato da tre individui di estrazione economico-finanziaria non eletti da nessun popolo, le cui sentenze finali sono inappellabili. Una sentenza del WTO può penalizzare o persino ribaltare le scelte democratiche di milioni di cittadini, anche nei Paesi ricchi. Per esempio, tutta l’Europa ha subito una condanna commerciale dagli USA che le costa 340 miliardi di euro l’anno perché si rifiuta di importare la carne americana agli ormoni. Neppure gli Stati Uniti hanno potere sulle decisioni del WTO. Il presidente Obama, sotto pressione dai cittadini a causa della catastrofe finanziaria dello scorso anno, aveva deciso di imporre nuove regole restrittive delle speculazioni selvagge delle banche (la causa della crisi). Ma gli è stato sbarrato il passo proprio da una regola del WTO, che si chiama Accordo sui Servizi Finanziari, e che sancisce l’esatto contrario, cioè proibisce alla Casa Bianca e al Congresso di regolamentare quelle banche. E sapete chi, anni fa, negoziò quell’accordo al WTO? Timothy Geithner, attuale ministro del Tesoro USA, che è uno dei membri del Gruppo Bilderberg. Gli accordi che il WTO stabiliscono questo:
1) esautorano le politiche sanitarie di qualunque Paese, incrinando il vecchio Principio di Precauzione che ci tutela dallo scambio di merci pericolose (WTO: Accordo Sanitario- Fitosanitario). In altri termine, Il WTO rende impossibile l’applicazione di quelle norme che ci tutelavano dalle eventuali merci pericolose provenienti dagli altri paesi.
2) tolgono al cittadino la libertà di sapere in quali condizioni sono fatte le merci che acquista e con che criteri sono fatte. Inoltre ostacolano l’uso delle etichette, che  tutelano del consumatore (WTO: Accordo Sanitario-Fitosanitario & Accordo Barriere Tecniche al Commercio, con implicazioni sui diritti dei lavoratori e sulla tutela dell’ambiente).
3) impongono ai politici di concedere alle multinazionali estere le stesse condizioni richieste alle aziende nazionali nelle gare d’appalto, a prescindere dalla necessità di favorire l’occupazione nazionale; e minacciano le scelte degli amministratori locali nel caso volessero facilitare l’inserimento di gruppi di lavoratori svantaggiati, poiché tali politiche sono considerate discriminazioni al Libero Mercato (WTO: Accordo Governativo sugli Appalti  – Principio del Trattamento Nazionale ecc.).
4) concentrano nelle mani di poche multinazionali la maggior parte dei brevetti dei principi attivi e delle piante che si usano per i farmaci o per l’agricoltura. Infatti gli accordi del WTO permettono anche la brevettabilità delle forme viventi (piante e animali) e tutelano quei brevetti per 20 anni. Con l’ espressione “brevettabilità” si intende l’ acquisizione di un documento che sancisce la paternità e la proprietà esclusiva di un’ invenzione e del suo sfruttamento. Ed è proprio qui il paradosso, piante, animali ed essere viventi in generale non sono un’ invenzione dell’ uomo. Ad esempio, se viene brevettato il grano da una multinazionale, significa che i contadini di tutto il mondo dovranno pagare a la suddetta multinazionale una cifra sancita dal brevetto. In altri termini, si vuole privatizzare la natura! Di conseguenza, se le multinazionali controllano per 20 anni i brevetti di farmaci salva vita, significa che i paesi del terzo mondo dovrebbero acquistarli, essendo però che non hanno a disposizione capitale sufficiente, devono necessariamente rinunciarvi. (WTO: Accordo TRIPS sulla Proprietà Intellettuale).
5)Il WTO ha recentemente autorizzato i paesi membri ad attuare il GATS. Questo acronimo sta per  General Agreement on Trade in Services  ed aspira alla privatizzazione di ogni servizio pubblico. Stanno promovendo a tutto spiano la privatizzazione e l’apertura al Libero Mercato estero di praticamente tutti i servizi alla cittadinanza, anche di quelli essenziali come sanità, acqua, istruzione, assistenza agli anziani ecc., con regole che impediranno di fatto agli amministratori locali la tutela dei cittadini meno abbienti che non possono permettersi servizi privati.
E ricordo, se ce ne fosse bisogno, che questi Accordi sono vincolanti su qualsiasi legge nazionale, privando quindi l’ autorità dei  nostri politici dalla gestione della nostra economia nei capitoli che contano.

IL FISCAL COMPACT

Il 2 marzo 2012 il nostro premier Mario Monti e successivamente tutti i capi di stato della zona euro hanno firmato il Fiscal Compact, altrimenti detto pacchetto fiscale. In questo periodo la televisione e i telegiornali ne parlano sempre più spesso, ma chi di noi sa cosa sia? Nessuno. E ancora,quali sono gli effetti che comprende questa manovra? Boh...I media ne parlano come qualcosa di necessario senza sapere il suo vero significato e il suo ruolo nell' economia italiana. Strano, non credete?
Alain Parguez, celebre economista francese, ha provato a chiederne una copia ad istituzioni europee competenti in materia, tuttavia gli è stato negato.Si deduce che quindi è praticamente impossibile averne un fascicolo da leggere e studiare. Perché? Ma è chiaro, il motivo di questo oscurantismo è mantenere il popolo italiano nell' ignoranza al fine di non fargli conoscere il contenuto e il vero significato di questa manovra. Fortunatamente, il nostro blog contiene alcuni articoli dell pacchetto fiscale, pervenuteci da http://paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=327
Ecco elencati alcuni tra gli articoli più importanti della manovra:

Fiscal Compact nel TITOLO III art. 3/1 a) - 3/2.

Uno Stato che dà ai propri cittadini e alle proprie aziende più denaro di quanto gliene tolga in tasse, cioè che spenda a deficit di bilancio, sarà illegale e anticostituzionale. Dovrà come minimo fare il pareggio di bilancio, ma meglio ancora se farà il surplus di bilancio, cioè dovrà impoverirci, matematicamente. Questa regola dovrà essere inserita nella Costituzioni degli Stati firmatari, o in leggi egualmente vincolanti. 

Fiscal Compact nella premessa a pag. 2.

Se uno Stato non iscrive nella Costituzione o in leggi egualmente vincolanti l’obbligo di impoverire i propri cittadini e aziende attraverso il pareggio di bilancio o il surplus di bilancio, verrà giudicato dalla Corte Europea di Giustizia, che ha potere di sentenze sovranazionali, cioè vincolanti per tutti gli Stati aderenti.

Fiscal Compact nel TITOLO III art. 3/1 e) - 3/2.

Uno Stato che volesse ignorare tutto ciò, verrà messo sotto accusa automaticamente (excessive deficit procedure), e di conseguenza dovrà correggersi presentando un piano dettagliato di correzioni che eliminino politiche di deficit di bilancio per introdurre quelle di surplus o di pareggio (sono le famigerate austerità che ben conosciamo: tagli alla spesa pubblica).
Le correzioni saranno dettate dalla Commissione Europea (20 tecnocrati non eletti, aggiungerei).

Fiscal Compact nel TITOLO III art. 5/1 a) – art. 8/1 – 8/2.

Se lo Stato sotto accusa non si corregge, e cioè se  si rifiuta di impoverire i propri cittadini e aziende attraverso il pareggio di bilancio o il surplus di bilancio, la Commissione Europea lo denuncerà agli altri Stati, i quali lo denunceranno alla Corte Europea di Giustizia, che ha potere di sentenze sovranazionali, cioè vincolanti per tutti gli Stati aderenti. Se questa Corte condannerà lo Stato recalcitrante, e se quest’ultimo comunque si rifiuterà di impoverire i propri cittadini
e aziende attraverso il pareggio di bilancio o il surplus di bilancio, la Corte potrà condannare lo Stato disubbidiente a una multa che per l’Italia ammonterebbe a 2 miliardi di Euro.

Fiscal Compact nel TITOLO III art. 8/1 – 8/2.

Il potere di denunciare alla Corte Europea di Giustizia uno Stato che si rifiuta di impoverire i propri cittadini e aziende attraverso il pareggio di bilancio o il surplus di bilancio (e quindi di sottoporlo al processo ulteriore della Corte per le punizioni monetarie finali) è riservato anche a un solo singolo Stato della zona Euro, anche se la Commissione Europea non ha dato alcun parere negativo conto lo Stato sotto accusa.

Fiscal Compact nella premessa a pag. 3.

Il risultato della condanna da parte della Corte Europea di Giustizia di uno Stato che si rifiuta di impoverire i propri cittadini e aziende attraverso il pareggio di bilancio o il surplus di bilancio, non sarà solo una pesantissima multa di miliardi di Euro, ma si traduce anche in una “costrizione” assoluta per questo Stato di correggere il bilancio verso il pareggio o il surplus.

Fiscal Compact nel TITOLO III art. 7.

Quando scatta la procedura di denuncia di uno Stato che si rifiuta di impoverire i propri cittadini e aziende attraverso il pareggio di bilancio o il surplus di bilancio, gli altri Stati della zona Euro si prendono l’impegno di sostenere quella denuncia. Potranno rifiutarsi solo se troveranno un sostegno dalla maggioranza dei medesimi Stati. Cioè, per contrastare l’azione punitiva e arbitraria anche di un solo Stato tutti gli altri dovranno trovare una maggioranza  (impossibile, oserei dire..).

Fiscal Compact nel TITOLO III art. 6.

Dalla firma di questo Fiscal Compact in poi, uno Stato della zona Euro dovrà chiedere approvazione alla Commissione Europea e al Consiglio Europeo prima di emettere i propri titoli di Stato. Anche qui la funzione primaria di autonomia di spesa dello Stato sovrano è cancellata.

Fiscal Compact nel TITOLO V art. 12/5 – art. 13.

All’unico organo europeo legittimamente eletto dai cittadini, cioè il Parlamento Europeo, è riservato questo: il suo presidente “potrebbe” essere invitato ad ascoltare le decisioni dei tecnocrati della Commissione e del Consiglio. Ai parlamenti nazionali e al Parlamento Europeo è concesso di formare una conferenza di rappresentanti che potranno“discutere” (non bocciare) le decisioni prese dai tecnocrati. 

Fiscal Compact nel TITOLO I art. 1/1.

Il Fiscal Compact richiede a tutti gli Stati della zona Euro di promettere sostegno e fedeltà alla Moneta Euro e all’unione economica, al fine di promuovere “crescita, impiego e competitività” (cioè come dire: sostenere un’alluvione per promuovere l’agricoltura,).

Fiscal Compact nella premessa a pag. 4.

Se uno Stato dovesse aver bisogno si sostegno finanziario europeo attraverso un salvataggio da parte del Meccanismo Europeo di Stabilità, non avrà un singolo Euro se prima non avrà firmato il Fiscal Compact e non lo avrà obbedito in toto.
(la Grecia dovrà quindi farlo e comunque morirà sotto tortura, i prossimi siamo noi) 

Fiscal Compact nella premessa a pag. 4.

In ultimo, il Fiscal Compact impone il rispetto del patto a tutti gli Stati firmatari dell' Europact. Adottato dai capi di governo dell’Eurozona il 24 marzo 2011, stabilisce che la competitività sia giudicata solo in rapporto al contenimento degli stipendi e all’aumento della produttività; che gli stipendi pubblici debbano essere tenuti sotto controllo per non danneggiare la competitività; che la sostenibilità del debito nazionale sia giudicata a seconda della presunta generosità di spesa nella Sanità, Stato Sociale, e ammortizzatori sociali; che le pensioni e gli esborsi sociali devono essere
riformati “allineando il sistema pensionistico alla situazione demografica nazionale, per esempio allineando l’età pensionistica con l’aspettativa di vita”.                                         

Vi assicuro che non ci vuole un economista per capire che il Fiscal Compact peggiorerà la condizione della popolazione europea. In sostanza, la spesa pubblica ne risentirà moltissimo e di conseguenza il benessere della società diminuirà in maniera esponenziale. Fortunatamente, cari lettori, adesso sapete qualcosa di più su questa aberrante manovra, quindi quando sentirete il telegiornale parlarne in maniera opposta a quanto appreso da questo articolo, traete le vostre
conclusioni.


          
          
Ricordate il grafico elaborato da link Ro Pareto? In Europa è lo stesso, solo che deve essere aggiunta una retta parallela e sottostante a quella della bilancia estera [retta parallela all’ asse x, delle ascisse, passante per il punto A(0,-3)]. In Europa infatti se si seguono le regole del “Fiscal Compact”, firmato il 2 marzo 2012, il deficit statale non deve superare il 3% del PIL(se il PIL è 100€, lo stato può al massimo spendere 3 a deficit, cioè per i suoi cittadini). In questo grafico lo stato è rappresentato da un punto collocato nel piano: il punto C rappresenta un paese soggetto al Fiscal Compact, mentre lo stato definito dal punto B no. Ricordo che la linea tratteggiata rappresenta il discriminante tra surplus e deficit statale, ovvero pareggio di bilancio. Quindi se una stato si trova a destra della linea significa che il governo a speso per i suoi cittadini, mentre se si trova a sinistra vuol dire che ha ritirato più di quanto ha immesso in società (surplus). Le due aree sono esattamente della stessa dimensione, tuttavia con l’introduzione del Fiscal Compact le cose sono cambiate. Premettendo che uno stato non può sopravvivere se si trova a sinistra del grafico poiché politiche di surplus di bilancio sono profondamente deleterie nei confronti dei cittadini, esso deve necessariamente stare a destra della bisettrice Y=X. A causa però del introduzione del Fiscal Compact, sappiamo che uno stato non può trovarsi sotto la linea del 3% del PIL, quindi l’ unica area (colorata in giallo) disponibile rimane il piccolo triangolino individuato dalla linea tratteggiata, dall’ asse y (deficit o surplus statale) e dalla retta che parallela all’ asse x.  C’ è ancora un piccola area in cui lo stato può sopravvivere, essa implica però che lo stato si trovi a sinistra della linea tratteggiata, a patto che esso esporti più di quanto importi. Cioè se lo stato attua surplus di bilancio toglie alla popolazione più di quanto le ha dato, ma se il settore dell’ export è molto forte, significa che i cittadini ricevono soldi dall’ estero vendendo i propri prodotti, quindi si riesce a compensare l’ inefficienza statale. In definitiva , bene o male la popolazione riesce a sopravvivere. Se però il settore degli export è poco sviluppato e lo stato si trova alla sinistra della bisettrice allora vi è morte certa. Tuttavia è estremamente difficile mantenere in attivo il settore privato, Infatti non succede a nessuno dei paesi della zona euro come mostrano i seguenti grafici. Nemmeno la Germania rispetta le regole del Fiscal Compact. Ogni punto rappresenta la posizione del paese ogni anno dal 1996. Ricordate le aree dove il settore privato non sopravvive e giudicate. Il Portogallo ad esempio, essendo in deficit sulla bilancia commerciale, doveva ricadere nel triangolo, ma ciò non è mai avvenuto.







  
 



Praticamente tutti gli anni o gli stati salvano il settore privato trasgredendo il patto di bilancio, oppure, provando a rispettarlo senza  quasi mai riuscirci, impoverivano la popolazione. E’ criminoso tutto questo, e deliberatamente voluto come leggerete.           

IL TRATTATO DI VELSEN



Il 18 marzo 2007 è stato firmato da Italia, Spagna, Portogallo, Paesi Bassi e in seguito Romania il trattato di Velsen, . Il 4 marzo 2010 il parlamento italiano ha approvato il suddetto trattato: su 443 presenti, 442 erano a favore e uno si è astenuto. Il trattato di Velsn è stato un ulteriore attentato alle democrazie europee, alcune basilari norme dello stato di diritto sono state aberrate da questo
documento legislativo.

Il trattato di Velsen prevede la costituzione di nuovo corpo di polizia europeo denominato Eurogendfor, il quale sostituirà interamente l’arma dei carabinieri. Con l’istituzione dell’Eurogendfor prende vita un corpo di polizia europeo dai poteri e dalle modalità d’azione antidemocratiche. Questa nuova polizia non controllata da nessuno stato membro, né dalla Commissione europea, né dal parlamento europeo ma da una persona eletta dai ministri degli esteri degli stati firmatari. Attualmente Eurogendfor ha la sua base operativa a Vicenza. Per statuto il paese che ospita il suo corpo ne paga tutte le spese. L’articolo 4 del trattato afferma che“(…) 2. Le Forze EGF possono essere poste indifferentemente alle dipendenze dell'autorita' civile o del comando militare.  (…)”.
Fin qui sembrerebbe semplicemente un corpo paramilitare che si associa alla polizia ordinaria per coadiuvarla. Tuttavia proseguendo la lettura del trattato si nota l’articolo 5 che cita:EUROGENDFOR potrà essere messa a disposizione dell’Unione Europea (UE), delle Nazioni Unite (ONU), dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO) e di altre organizzazioni internazionali o coalizioni specifiche”. Questo significa che anche potenze straniere controlleranno le nostre popolazioni con queste forze dell’ordine.
Proseguendo la lettura del trattato salta all’occhio l’articolo 21:
“1. I locali e gli edifici di EUROGENDFOR saranno inviolabili sul territorio delle Parti.
2. Le autorita' delle Parti non potranno entrare nei locali e negli edifici di cui al comma 1
senza il preventivo consenso del Comandante EGF o, ove possibile, del Comandante della
Forza EGF. Tale consenso sara' presunto in caso di calamita' naturale, incendio o
qualsiasi altro evento che richieda l'adozione immediata di misure di tutela. In altri casi, il
Comandante EGF o, ove possibile, il Comandante della Forza EGF, esaminera' con
attenzione qualsiasi richiesta  di autorizzazione inoltrata dalle autorita' delle Parti per
entrare nei locali e negli edifici, senza pregiudicare gli interessi di EUROGENDFOR.
3. Gli archivi di EUROGENDFOR saranno inviolabili. L'inviolabilita' degli archivi si
estendera' a tutti gli atti, la corrispondenza, i manoscritti, le fotografie, i film, le
registrazioni, i documenti, i dati informatici, i file informatici o qualsiasi altro supporto di
memorizzazione dati appartenente o detenuto da EUROGENDFOR, ovunque siano ubicati
nel territorio delle Parti.”
Questo è già un grave attentato allo stato di diritto: come è possibile che la polizia non sia perquisibile? Eurogendfor significa che potrebbe usare la tortura per estorcere false confessioni e colpevolizzare chiunque sia inviso al governo europeo senza che nessuno lo possa venire a sapere e senza che possa esserci un processo per tali azioni.
Inoltre Eurogendfor può assumere il ruolo di polizia segreta e non può nemmeno essere soggetta ad intercettazioni così come cita l’articolo 23:
 “1. Le Parti adotteranno tutte le opportune misure necessarie a garantire il regolare flusso
delle comunicazioni ufficiali di EUROGENDFOR.
2. EUROGENDFOR ha il diritto di ricevere e trasmettere messaggi codificati, come pure di
inviare e ricevere corrispondenza e plichi ufficiali tramite corriere o in cassette sigillate,
che non potranno essere ne' aperte ne' trattenute.
3. Le comunicazioni indirizzate ad EUROGENDFOR o da questa ricevute non possono
essere oggetto di intercettazioni o interferenza”.

Inoltre l’articolo 29 inoltre dice:
1. In caso di danno provocato a terzi od a beni appartenenti a terzi da un membro o dai
beni di una delle Parti nella preparazione e nell'esecuzione dei compiti previsti dal
presente Trattato, comprese le esercitazioni, il risarcimento di tale danno sara' suddiviso
dalle Parti in base alle disposizioni all'uopo previste negli accordi o nelle intese di
attuazione di cui all'articolo 45 e secondo le seguenti disposizioni:
a) le richieste di indennizzo saranno depositate, esaminate e definite o giudicate in
base alle leggi ed ai regolamenti dello Stato ospitante o dello Stato ricevente per
quanto concerne gli indennizzi derivanti dalle attivita' di EUROGENDFOR;
b) lo Stato ospitante o lo Stato ricevente potranno definire tali richieste di
indennizzo; il pagamento dell'importo concordato o stabilito con sentenza sara'
fatto in euro dallo Stato ospitante o dallo Stato ricevente;
c) tale pagamento, qualora effettuato in base ad un accordo od a seguito di una
sentenza emanata da un tribunale competente dello Stato ospitante o dello Stato
ricevente, oppure la sentenza definitiva di non luogo a pagamento, emanata da
detto tribunale, sara' definitivamente vincolante per le Parti interessate;
d) qualsiasi indennizzo pagato dallo Stato  ospitante o dallo Stato ricevente sara'
comunicato agli Stati d'origine interessati, insieme ad un rapporto circostanziato
ed ad una proposta di ripartizione in conformita' al presente articolo. In assenza di
risposta entro due mesi, la proposta di ripartizione sara' considerata accettata.
2. Se, tuttavia, tale danno e' dovuto a colpa grave o dolo del personale di una Parte, i
costi derivanti da tale danno saranno sostenuti unicamente da detta Parte.
3. I membri del personale di EUROGENDFOR non potranno subire alcun procedimento
relativo all'esecuzione di una sentenza emanata nei loro confronti nello Stato ospitante o
nello Stato ricevente per un caso collegato all'adempimento del loro servizio.
4. Ferme restando le responsabilita' individuali in caso di danni provocati a terzi o ai beni
di terzi da una persona o da un bene di una delle Parti al di fuori dell'attivita' di servizio,
le richieste di indennizzo di detti danni saranno trattate nel modo seguente:
a) le autorita' dello Stato ospitante o dello Stato ricevente esamineranno la richiesta
di indennizzo e valuteranno il risarcimento per l'avente diritto in modo equo e
giusto, tenuto conto di tutte le circostanze del caso, ivi compresa la condotta della
persona lesa, e redigeranno un rapporto sull'accaduto;
b) il rapporto sara' trasmesso alle autorita' dello Stato d'origine, che quindi decidera'
senza ritardo se offrire un pagamento a titolo grazioso e, in tal caso, l'importo
dello stesso;
c) se viene fatta un'offerta di pagamento a  titolo grazioso ed essa e' accettata
dall'avente diritto a titolo di totale ristoro della sua richiesta di indennizzo, le
autorita' dello Stato d'origine effettueranno esse stesse il pagamento ed
informeranno le autorita' dello Stato ospitante o dello Stato ricevente della loro
decisione e della somma corrisposta;
d) le disposizioni del presente comma non  pregiudicheranno la giurisdizione dei
tribunali dello Stato ospitante o dello Stato ricevente relativamente alla possibilita'
di intraprendere un'azione legale contro il personale di EUROGENDFOR a meno
che non si sia

Ricapitolando l’EGF ha inconcepibili poteri per uno stato democratico di diritto: locali, beni e archivi inviolabili (art. 21 e 22); le comunicazioni non possono essere intercettate (art. 23); i danni a proprietà o persone non possono essere indennizzati (art. 28); i gendarmi non possono essere messi sotto inchiesta dalla giustizia dei paesi ospitanti (art. 29); i gendarmi possono essere utilizzati da potenze straniere per controllare i nostri popoli  (art.5).

 A voi il giudizio globale.

martedì 27 novembre 2012

LA MONETA MODERNA

Perché esiste il denaro, come è nato storicamente? Il denaro nasce in Mesopotamia come un credito contro un debito. Chi aveva prodotti da scambiare concedeva un credito a un cliente che in cambio gli consegnava una tavoletta di argilla con su scritto quanto gli doveva dare. Ancora oggi la moneta ha questa funzione. Pensiamo a cosa succede quando andiamo da un negoziante a comprare qualcosa. Noi consegniamo al negoziante del denaro (un bene finanziario), lui in cambio ci consegna l’oggetto che desideravamo (un bene reale), ad esempio una camicia. Quel denaro è un credito che il negoziante si può spendere per comprarsi a sua volta qualcosa che gli interessa, ad esempio un paio di pantaloni. Qual è stato il risultato finale? Il cliente ha ricevuto una camicia, e indirettamente ha ceduto al negoziante un paio di pantaloni. E’ una forma di baratto a dilazione molto più sofisticata e funzionale. Infatti se il denaro non esistesse il cliente che desiderava la camicia per poterla ottenere avrebbe dovuto studiare e indovinare i gusti del negoziante per proporli in scambio di quella camicia un paio di pantaloni di suo interesse. Capite che sarebbe un sistema scomodo. Col denaro invece ci si scambia una rappresentazione oggettiva di valore (denaro appunto) che può essere spesa a piacimento da chi lo detiene.
La moneta moderna inizia con l’era del cartalismo. Georg Friedrich Knapp fu l’economista che diede inizio all’era cartalista. Knapp comprese che il debito di uno stato non è mai un problema se questo è denominato nella valuta legale. Infatti lo stato mantenendo il monopolio della gestione di politica monetaria se necessita di finanziare può battere moneta e comprare tutto il necessario. Se anzi chi gestisce la cosa pubblica capisse questo, le nazioni  non si sarebbero mai nemmeno indebitate perché in caso di necessità avrebbero potuto creare la propria valuta e comprarsi ciò che volevano. Il problema può nascere se il debito di uno stato è denominato in una valuta straniera che non può emettere o comunque da beni fisici reali come ad esempio in oro. La Germania uscita dalla Prima Guerra mondiale ad esempio aveva un debito di 142 miliardi di marchi-oro, ecco perché questo rappresentava un debito reale. Knapp aveva compreso che uno stato può denominare come propria moneta qualsiasi cosa: conchiglie, acqua, sedie, carta colorata..
Se si decide di denominare moneta qualcosa legato ad un bene reale lo stato avrà limiti di spesa perché potrà spendere fino a che non avrà esaurito le scorte di ciò che chiama moneta. Viceversa
Se decide di denominare moneta qualcosa che nella realtà non esiste e che si inventa lo stato (lire, yen, dollari..), non potrà mai esaurire la sua moneta, esattamente come un tabellone segna puntisportivo non potrà mai esaurire i numeri che compaiono su di esso. La moneta moderna si basa proprio su questo principio. La moneta è un bene finanziario. In economia si distinguono due tipi di beni: beni reali e beni finanziari. I beni reali sono prodotti dotati di materialità o servizi; i beni finanziari non trovano riscontro nella realtà come le assicurazioni. La moneta fa parte dei beni finanziari. Uno stato può creare molta moneta, ma se a questa non corrisponde poi un proporzionale aumento dei beni reali, una nazione si è arricchita soltanto finanziariamente, ma dal punto di vista reale non avendo prodotto alcun nuovo bene, ha sempre lo stesso valore di prima.
Questa rapida prospettiva sulla moneta ci deve aiutare a comprendere che uno stato non la può esaurire mai. E cosa serve che non la esaurisca? Creando nuova moneta lo stato può spenderla per nuove attività produttive, fino a che ogni uomo abile al lavoro non svolga una effettiva professione. Questo determina la piena produzione nazionale. La piena produzione è una condizione economica in cui tutte le forze lavorative disponibili sono effettivamente impiegate. Se lo stato provvede ad impiegarle con giudizio può far sì che vengano prodotti tutti i beni che la domanda richiede. Se lo stato non potesse emettere moneta non potrebbe fare lavorare tutta la popolazione. Se non tutta la popolazione lavora significa che una parte di essa è improduttiva e quindi vive a spese del lavoro altrui impoverendo tutti. La disoccupazione è prima di tutto un crimine sociale, secondariamente un freno allo sviluppo economico di una nazione.
Ultima nota: se non vogliamo inflazione, ma vogliamo che aumenti il PIL, alla crescita di quantità di prodotti in circolo, deve corrispondere una crescita di quantità di moneta; questo favorisce stabilità dei prezzi e crescita. Se lo stato non potesse creare nuova moneta quindi non potrebbe aumentare il suo PIL, e questo sarebbe un problema soprattutto per nazioni sottosviluppate e poverissime.